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Attualità mercoledì 31 marzo 2021 ore 12:10

"E negli occhi il terrore di non poter respirare"

Le infermiere pistoiesi

Nei racconti delle infermere dei reparti Covid dell'ospedale San Jacopo ecco un anno di lavoro nelle corsie travolte dalla pandemia



PISTOIA — "Negli occhi la mancanza d'aria, il non poter respirare autonomamente li terrorizza e l'isolamento li avvilisce. Non reagiscono, i malati di Covid-19, pensano di essere stati abbandonati". E' un anno di Covid nei racconti delle coordinatrici infermieristiche dei reparti dedicati nell'ospedale San Jacopo a Pistoia, Cristina Cascini e Silvia Pierinelli. Un anno di lavoro nelle corsie travolte dalla pandemia, un anno durante il quale il personale sanitario si è dovuto misurare con dolore ignoto e una mortalità sconosciuta in tempo di pace, con le vite che scivolano via di tra le dita e il peso del dover sopportare tutto questo insito nella professione.

Poi però, sotto alle divise e dentro alle tute stagne, ci sono le persone: "In un anno di pandemia ci siamo dovute adattare nell'affrontare nuove problematiche cliniche e assistenziali, mai conosciute prima. Abbiamo visto la malattia del Coronavirus sottrarre all'improvviso i pazienti dalle loro case e dai loro cari. Abbiamo imparato a usare i nostri occhi per comunicare, rassicurare e aiutare i pazienti perché essi sono la nostra unica parte del corpo per loro visibile", affermano Cascini e Pierinelli.

La sofferenza più grande Cristina e Silvia l'hanno provata quando i pazienti non potevano incontrare i loro familiari. Certo, i malati potevano comunicare attraverso i tablet e gli smartphone, ma non era la stessa cosa. Poi, lo scorso Natale, la svolta con la procedura sanitaria poi entrata a regime nella rete ospedaliera pistoiese - compresi il Santi Cosma e Damiano a Pescia e il Pacini a San Marcello Piteglio - che ha inserito le visite dei parenti nel percorso terapeutico.

"La mancanza d'aria, il non poter respirare autonomamente - continuano le coordinatrici - terrorizza i pazienti Covid. L'isolamento li avvilisce e non reagiscono, pensano di essere stati abbandonati e gli unici contatti che hanno sono con noi, medici e infermieri: sempre nelle nostre ermetiche tute. Per questo la nostra direzione infermieristica insieme a quella sanitaria del presidio hanno realizzato un protocollo di accesso alle visite. Da lì in poi abbiamo visto, soprattutto nei pazienti più fragili, un cambiamento che ha generato fiducia e che a sua volta li ha resi più reattivi anche alle terapie".

Anche l'iniziativa della signora Osanna, la pistoiese che consegna le lettere (ad oggi una cinquantina) da lei scritte a mano e personalizzate ai ricoverati del San Jacopo, va nella direzione di far sentire i malati meno soli. "Li ha aiutati ad aprire le loro coscienze e a realizzare che fuori c'è una comunità che pensa a loro e li aspetta. Questo li spinge a combattere la malattia per fare ritorno nelle loro case". 


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