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lunedì 01 dicembre 2025

STORIE VISPE MA NON TROPPO DISTRATTE — il Blog di Dario Dal Canto

Dario  Dal Canto

Laureato in ingegneria viaggia spesso su treni e aerei per motivi di lavoro, entrando così in contatto con un ampio ventaglio di umanità. Durante i lunghi tragitti e nelle soste in sale di attesa, disegna con le parole i profili di alcuni personaggi e le situazioni che la sua naturale curiosità estrae dai contesti. La passione per l’osservazione della vita intorno, si mantiene anche nel quotidiano e nella forte passione per il ciclismo, che segue come direttore sportivo di una storica società toscana. Parlando di sé, afferma: “Nella mia vita, come nei miei capelli, non ci ho ancora capito nulla. Per questo sul braccio ho tatuato il cubo di Rubik (scomposto), perché, come a lui … non mi si trova il verso.”

Il rifornimento dell'ammiraglia

di Dario Dal Canto - lunedì 01 dicembre 2025 ore 08:00

Una della pratiche più singolari e per certi versi pericolosa di una gara ciclistica è il rifornimento di un corridore dall’ammiraglia. Esiste un particolare protocollo per eseguire tale manovra che spesso si vede anche in televisione durante le lunghe dirette delle tappe dei Grandi Giri. Il ciclista che ha la necessità di parlare o comunque ricevere assistenza dal suo Direttore Sportivo (nel seguito DS) si porta in coda al gruppo e alza la mano. Il Presidente di Giuria che viaggia subito nella prima macchina dietro al plotone con la radio chiama la squadra del ciclista che ha fatto richiesta. A questo punto dalla coda delle ammiraglie, incolonnate secondo un ordine preciso e prestabilito a seconda del tipo di gare che si sta disputando, esce il DS per dirigersi proprio dal proprio atleta. Già in questa fase si deve cercare di fare il prima possibile, sia per non far attendere troppo il proprio atleta che per non perdere il diritto di chiamata. La coda delle ammiraglie, ordinatamente (almeno in teoria) disposte sulla carreggiata destra dovrà essere superata dal DS che tenterà di destreggiarsi tra ostacoli fermi a sinistra, come le auto fermate dalla Scorte Tecniche per consentire il passaggio della gara, ciclisti precedentemente staccatisi che si trovano tra le ammiraglie, e altre macchine che hanno svolto o stanno compiendo una manovra simile alla sua. Tutto questo spesso in strade strette e tortuose tipiche dei percorsi vallonati, magari con pioggia che limita la visibilità e la necessità di svolgere l’operazione con un certo grado di premura, diciamo così.
Giusto per fare un esempio, la prima volta che la mia compagna Michela mi ha accompagnato mentre ero alla guida dell’ammiraglia a seguito della corsa e sono stato impegnato in una richiesta da parte di un mio corridore durante la fase di risalita della colonna di macchine ha iniziato a gridare per la paura perché veniva sballottata da una parte all’altra seppur adeguatamente legata con la cintura di sicurezza. Ammetto che il percorso non era dei più semplici e le manovre un po' ardite, ma tutto nella norma, tanto che Stefano, il meccanico (e grande Amico), seduto sul sedile posteriore, essendo persona di esperienza, non ha battuto ciglio. Michela purtroppo non si trovava per niente a proprio agio e continuando a gridare convulsamente: “Voglio scendere, voglio scendere!!” mi sono visto costretto, mio malgrado, a suggerirle una soluzione rapida e indolore, che numerose volte ha risolto parecchie situazioni analoghe anche in numerosi Luna Park sparsi in giro per il Mondo: “Via Michelina, ora stai buonina, chiudi gli occhi e tieniti stretta, almeno non vedi e non ti agiti. Tra poco sarà tutto finito!” Seguendo il mio consiglio e con parecchi respiri profondi a fare da corredo ha brillantemente e soprattutto in silenzio superato questo momento critico.
Poi noi toscani ci mettiamo sempre del nostro. Ho svolto una parte dei corsi per diventare DS a Trento e uno dei docenti, un Direttore di Gara veneto di grande esperienza, stava trattando proprio l’argomento della guida al seguito delle corse e alla fine della sua dissertazione pronunciò una fase sinistra che lasciò un segno indelebile in tutti noi partecipanti: “Se sarete in grado di guidare efficacemente in una gara in Toscana sarete preparati a tutto!!”
La grande passione per il ciclismo molto diffusa nella nostra regione e il nostro carattere spigoloso e deciso credo che possano spiegare parecchi comportamenti in certe situazione, sicuramente arditi, ma sempre fatti col cuore.

La manovra di rifornimento al ciclista viene effettuata “in seconda vettura”, cioè stando subito dietro alla macchina del Presidente di Giuria che viaggia subito dietro al gruppo di ciclisti. Questa posizione imposta dal regolamento ha lo solo scopo di salvaguardare la sicurezza degli atleti e salvaguardare la corretta distanza delle vetture dal plotone. Infatti, in caso di caduta di gruppo proprio durante la fase di rifornimento dall’ammiraglia il DS, impegnato in questa operazione, potrebbe essere disattento e investire qualche ciclista. In questo modo, invece, la macchina di fronte al DS fa da cuscinetto ed impedisce che possano essere urtati gli atleti. Insomma la filosofia condivisibile è che se proprio si deve urtare le auto si possono aggiustare, i ciclisti un po' meno.
Difficile non essere d’accordo, del resto.

Giunto nella posizione corretta il DS viene affiancato dal ciclista che lo stava attendendo e qui inizia questa operazione dal sapore della tradizione. Infatti il ciclismo dai tempi di Binda e poi Coppi Bartali è cambiato tantissimo, quasi un altro sport: sono cambiati i materiali, i modi di allenarsi e di interpretare le gare, ma il rifornimento di fianco all’ammiraglia quello no. E' rimasto uguale a se stesso, come la fatica e il sudore, come i sogni e il bruciore delle ferite sull’asfalto.
Il ciclista oltre alle borracce riceve sempre qualche consiglio dal suo DS, spesso si va all’ammiraglia anche solo per quelli, per parlare di persona. E' vero che esistono le radioline con cui le ammiraglie possono parlare a tutti i corridori della squadra, ma il sapore delle parole guardandosi negli occhi è un po' insito nella natura umana, un gesto antico che conferisce rispetto. A voce ci si spiega meglio e così si possono e si devono discutere questioni di valore. Gare molto importanti si sono decise proprio tra il DS e il ciclista parlando attraverso il vetro aperto dell’ammiraglia. A volte con urli e imprecazioni per spronare l’atleta, altre invece solo con la sapiente arte del saper motivare segretamente il ciclista e fargli trovare le forze che anche lui in quel momento pensava di non avere. In questi attimi risiede l’oscura e sapiente arte del bravo DS, con la sua tipica postura guidando l’ammiraglia col gomito appoggiato allo sportello un occhio verso il corridore e l’altro sulla strada. Un lavoro oscuro, comprensibilmente meno importante dei colleghi degli sport di squadra, ma che spesso si concretizza in pochi attimi durante i quali ogni parola pesa come uno zaino di pietre sulla schiena di un corridore affannato e sudato che sta scalando lo Stelvio.
Il valore dei dettagli anche in questi momenti è fondamentale: sentirsi in empatia con chi sta al tuo fianco su una bici dà valore alle parole e può far la differenza tra essere creduti o aver solo dato aria alla bocca.

Ci sono giornate nel ciclismo dove anche solo pensare di uscire in bici è un atto da eroi, pioggia a catinelle, vento e freddo. Le giornate da divano dove al massimo le persone “normali” stanno un po' dietro ai vetri delle finestre, come i gatti, a vedere cadere malinconicamente la pioggia. Così tanta che dopo solo pochi minuti tutte le parti del proprio corpo sono bagnate e si deve rimanere in quella condizione per altre quattro o cinque ore con la fatica nella gambe dure come il marmo per il freddo, la paura di scivolare ad ogni curva, gli occhi arrossati dagli schizzi di acqua e le dita delle mani irrigidite dall’acqua gelata che fanno fatica ad afferrare le leve dei freni. Ma il ciclismo è anche questo, da sempre, e senza un rimedio davvero efficace per mitigare certe sofferenze.
Andare all’ammiraglia in certe giornate di pioggia è un po' un modo per avere conforto e per qualche attimo distrarsi dalla pioggia che in gruppo non si capisce se arrivi solo da sopra o anche da sotto per gli spruzzi delle ruote degli altri.
Ci sono alcuni DS che in certe occasioni, per non bagnarsi all’interno dell’abitacolo, aprono solo per pochi centimetri il finestrino parlando al corridore attraverso quel piccolo spiraglio. Tanto a lui non cambia nulla, ma almeno si rimane asciutti. Un comportamento comprensibile, ottengono il risultato salvando capra e cavoli. Si sporgono verso quella piccola fessura un po' come si fa a certi sportelli pubblici dove per parlare con l’impiegato al di là del vetro protettivo si ha solo a disposizione una minuscola fessura. Un dispositivo sicuramente efficace per salvaguardare l’operatore da inopportuni spruzzi di saliva con annessi batteri e virus portatori di malanni stagionali e non ultimi i potenti e inopportuni effluvi maleodoranti provenienti da malsane cavità orali. Una strategia spesso salvifica per i suddetti operatori, ma che inevitabilmente sancisce una barriera. Così accade anche nei finestrini quasi completamente chiusi di molte ammiraglie.
Quelli che piacciono a me invece spalancano il finestrino fino in fondo, come se fosse piena estate, incuranti della pioggia, degli schizzi, ma col solo scopo di essere in armonia col proprio atleta. Braccio sul finestrino spalancato e già bagnato e lo sguardo fiero verso il proprio atleta, come se gli agenti atmosferici avversi non esistessero e a voler comunicare: “Guarda io sono con te per quello che posso. Condividiamo la pioggia sperando di trasmetterti che sto vivendo un pochino della tua condizione.”
Sono solo piccoli dettagli, per molti insignificanti, ma spesso sono quelli che danno peso alla proprie parole.

Ognuno, ovviamente, scelga il comportamento che vuole.

Dario Dal Canto

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