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martedì 19 marzo 2024

PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

PUNTREMAL Seconda parte

di Libero Venturi - domenica 13 ottobre 2019 ore 10:00

Pontremoli è stata, fin dal Medioevo, considerata chiave e porta di collegamento tra Toscana, Emilia, Liguria e Lombardia. Infatti gli abitanti sono un po’ liguri, emiliani, longobardi e perfino toscani. Sono il nostro avamposto avanzato a settentrione. A leggere del passato della città, che fu e rimase sempre nel sentimento dei suoi cittadini libero Comune, viene il mal di testa, si resta impressionati. Sembra il libro di storia del liceo. Un’interrogazione. Prof, non sono preparato. Si spazia da Carlo Magno a Federico II di Svezia, da Carlo VIII di Francia a Carlo V di Spagna. Perfino l’Arcivescovo di Canterbury, Sigerico, che segnò “Puntremel” fra le tappe della Via Francigena di ritorno dalla Roma papale, nell’anno domini 990. Che poi se veniva da Canterbury perché chiamarla Francigena? Si ha l’impressione che quell’antica e memorabile via fosse un po’ come Garibaldi: passava da tutte le parti. E poi, si sa, tutte le strade portano a Roma.

La città rinnova la sua storia di borgo medievale ogni anno alla fine di agosto, con “Medievalis”: manifestazioni in costume, banchetti, iniziative varie, convegni, gran falò sul fiume e un casino di gente, in rievocazione della visita dell’imperatore Federico II che fu più volte a Pontremoli. E, tra le altre cose, in una di queste trasferte, nel 1249 fece accecare in piazza il malcapitato Pier delle Vigne. Po’ po’ di stronzo! L’imperatore, non il malcapitato, il quale, oltre che incauto consigliere imperiale, fu giudice e letterato. Ne parla anche Dante. Non si sa di preciso che aveva fatto, ma insomma ‘un s’acce’a la gente. È giustizialismo. E barbarie. Cinque secoli dopo, nel 1786, in epoca illuminista, il Granduca di Toscana, Pietro Leopoldo I, aboliva “la pena di Morte, la Tortura, e le pene immoderate, e non proporzionate alle trasgressioni”. Fummo il primo stato al mondo.

Puntremal ebbe a che fare con imperatori vari ed orbitò nei domini della Repubblica di Genova, del Granducato di Toscana, del Ducato di Parma e sotto l’influenza delle migliori famiglie: Malaspina, Antelminelli, Sforza, Della Scala, Visconti, Fieschi, Pallavicini, Noceti. Ma sempre con una posizione di autonomia. E poi ci furono i Dosi, ricchi commercianti, colti mecenati divenuti marchesi, che costruirono all’inizio del settecento la splendida Villa nobiliare, Dosi Delfini, appena fuori del paese, ai Chiosi, raggiungibile attraversando l’omonimo, romantico ponte sul Verde. E, alla metà del settecento, edificarono l’austero Palazzo di residenza ed affari, nel centro del borgo, dal 1931 proprietà della famiglia Magnavacca. Entrambe le costruzioni sono importanti testimonianze dello stile architettonico e decorativo del barocco pontremolese e, certo, i signori Dosi-Magnavacca gobbi non ci stavano, come ebbe a dire l’amico “Mago” quando visitammo, a Recanati, Villa Leopardi. C’è, sul retro del palazzo, una balconata affacciata sul Magra, da lasciarci il cuore. Ho conosciuto alcuni discendenti di quelle famiglie che ancora oggi vivono a Pontremoli: conservano un’affabile distinzione, retaggio del loro blasone e in genere i pontremolesi ostentano una certa signorilità, come una fiera consapevolezza dello loro storica identità. Molti hanno ancora simpatici soprannomi, che si tramandano come si usava un tempo nelle comunità dove tutti si conoscevano.

Incombe sul paese l’imponente Castello del Piagnaro, che si chiama così per via delle piagne,lastre di ardesia, la pietra locale di arenaria grigia. In Lunigiana si usano per i tetti e coprono anche il Castello, che, anche per quel colore, ha un aspetto un po’ tetro. Fu fortezza difensiva, nel 900 residenza per i più disagiati e oggi, rimesso in sesto, ospita turisti e visitatori. Una volta ci siamo restati chiusi dentro e una notte ci abbiamo anche dormito, sfidando la fama sinistra del fantasma di una nobile e giovine dama, murata viva dal vecchio marito, geloso o becco, che si aggirerebbe lugubre e dolente per le stanze, al calar delle tenebre. Così almeno racconta lo Zio, parente lontano e sapiente. Ma forse la diceria è annessa ad ogni antico castello che si rispetti. Eravamo i soli a pernottare, lo spettro non ci ha disturbato affatto e, più che altro, abbiamo sofferto per le reti del letto che forse risalivano al tempo del misfatto. La bambina -allora lo era- al risveglio si è messa addosso un lenzuolo e dalla finestra così accoglieva i primi esterrefatti visitatori. Siamo stati bene, la vista è da incanto: dalle finestre e dagli spalti l’occhio spazia sul lungo abitato di Pontremoli per perdersi fra i colli e i boschi della Lunigiana.

Ma c’è un’altra leggenda accreditata che riguarda il borgo del Piagnaro, al limitar del Castello, e aleggia ancora tra le strette e oscure viuzze che scendono, ripide, al paese: quella del Lupo Mannaro! Una spaventosa creatura, metà uomo e metà bestia, che nelle notti di luna piena, ululando, spaventava gli incauti passanti, turbando i sogni e le fantasie dei bambini a cui era vietato uscire di buio e, nel caso, potevano salvarsi sulle scale poiché il lupo più di tre scalini non riusciva a salire. Chissà perché. Forse non era, a fasi alterne, metà bestia e metà uomo, forse era un terzo uomo, un terzo lupo e un terzo scemo. O probabilmente e per fortuna ci sarà anche un limite alla disgrazia ed al male.

Il Castello del Piagnaro ospita il museo delle Statue Stele, misteriose sculture preistoriche antropomorfe, in pietra arenaria, le più antiche delle quali risalgono al 3000 a.C. Donne, uomini, guerrieri, forse divinità. E si capisce che l’uomo, fin dal suo divenire essere senziente, animale animato, sentiva il bisogno di rappresentare se stesso, la natura e il religioso, sacrale mistero che lo circonda. Insieme al potere, alla forza e alle armi che lo hanno difeso e reso crudele. Celebri e suggestive le stele con la testa semicircolare, “a cappello di carabiniere”. Buffe. Mi perdoni l’Arma.

Si tengono in città, il mercoledì e il sabato, due mercati settimanali che si snodano nelle storiche piazze del centro e in quella nuova, detta Rossa perché un tempo era pavimentata di quel colore. Come Piazza Andrea, o Belfiore che dir si voglia, a Pontedera.

Lo Zio sapiente è parente di Alvaro, proprietario del mitico Bar Alvaro, quello del Gelato del Corsaro e dello Stordénte, un cocktail a base abbastanza alcolica, che si pronuncia con la prima “e” stretta, ma l’effetto è assicurato lo stesso. Al Bar Alvaro ho incontrato un dipendente comunale che ha una Harley-Davidson a tre ruote e gira con uno scheletro a bordo, nonché una catena al collo con scritto: soldi e paura mai avute. Per le ferie va a fare il pescatore a Capo Verde. Va da solo, la moglie è andata una volta soltanto perché dice che là gli scarafaggi più piccoli sono topi. Gli ho chiesto se a Capo Verde è mai stato in un Centrum di Sete Sois Sete Luas e se a Mindelo ha incontrato il Commissario Favati di cui ho letto qualcosa. Ha risposto di no. D’altra parte l’Arcipelago sono isole sperdute al largo dell’Oceano.

In città ci sono ancora le vecchie cabine con il telefono a gettoni, ormai ovunque in disuso dopo l’avvento dei cellulari. Su una di queste, dove era affisso un avviso che ne annunciava la rimozione, è apparso un cartello con scritto: e io dove mi cambio? Firmato: Superman. Perché non vuole che si sappia, ma, come Zucchero -alias Adelmo Fornaciari- anche lui -alias Clark Kent- è tornato a Pontremoli.

I pontremolesi sono stati coltivatori, allevatori, librai ambulanti e stanziali e, nei tempi difficili, emigranti. In America, in Francia, in Corsica. Ci sono nei locali della banca, in Piazza della Repubblica, le foto in mostra di quegli uomini e donne. Quanta distanza, quanta strada e quanto mare, quanto lavoro e fatica in quelle pose sorridenti, altere e dignitose.

Le stelle sono tante, milioni di milioni, ma ce n’è una chiamata Pontremoli in cielo, ce lo disse e ce ne regalò una spilla commemorativa, il Sindaco Ferri che fu anche il ministro dei 110 all’ora. Una stellina dorata. E forse, anche senza saperlo, quegli uomini e quelle donne che da Pontremoli partivano per l’Italia ed il mondo in cerca della loro buona stella, da quella stellina dorata erano illuminati, lungo il viaggio e sulla via del ritorno.

Dovremmo ricordarcene più spesso tutti noi, italiani, che, negli anni e nei regimi bui, siamo stati migranti e abbiamo portato pena, bisogno, perfino malavita, ma sopratutto riscatto e beneficio per noi, il nostro paese ed il mondo. Oggi che ancora il bisogno spinge gli uomini lontano dalle loro terre e ancora fedi feroci distillano veleno.

Un distillato non velenoso, anzi propizio che invece consiglio è il prugnolo: si ricava da una susina selvatica scura e aspra da perderci la bocca. Ce l’ha servito a fine pasto un ristoratore in Lunigiana. Lo fanno in casa. Forte e amabile, ottimo digestivo. E saddio se ce n’era bisogno. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 13 Ottobre 2019 

Libero Venturi

Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi