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Attualità giovedì 02 aprile 2020 ore 17:30

"Il Covid? Gli abbiamo chiuso la porta in faccia"

Luigi Bardelli
Luigi Bardelli

Luigi Bardelli, presidente della Fondazione MAiC onlus che assiste persone con disabilità, spiega come la struttura pistoiese ha affrontato l'epidemia



PISTOIA — Mentre si consuma il dramma delle strutture socio-sanitarie come le residenze per anziani e i centri per disabili divenute ormai anche in Toscana un fronte di fuoco dell'emergenza coronavirus a causa del ritmo inarrestabile dei contagi, si conta anche chi il pericolo lo ha fiutato in tempo utile per sbarrare la strada al virus e mettere al sicuro ospiti e personale. 

E' il caso della Fondazione MAIC Onlus di Pistoia che offre servizi riabilitativi ambulatoriali e diurni a ragazzi e adulti con disabilità anche molto gravi e che dispone anche di una residenza in cui vive una quindicina di persone rimaste senza famiglia. Qui, spiega a Toscanamedia QUINews il presidente della Fondazione, oltre che direttore dell'emittente locale TVL, Luigi Bardelli, quando l'emergenza ancora non era iniziata è stata presa una decisione drastica.

Il contagio da coronavirus sta dilagando nelle strutture socio-sanitarie toscane e così in quelle italiane dalla Lombardia alla Sicilia. Voi come vi siete attrezzati?

"Abbiamo deciso di chiudere appena avuta la percezione della potenziale gravità della situazione. E' stata una deduzione logica: noi siamo un centro molto aperto e tra i nostri ragazzi (oltre duemila, circa 600 in età evolutiva), c'è chi ha già patologie respiratorie sulle quali il virus potrebbe avere effetti terribili. E' stata una decisione nostra, presa in piena autonomia: si parla dei primissimi giorni di marzo e ancora non erano arrivate indicazioni dalle autorità".

Le famiglie dei ragazzi che voi ospitate come hanno preso la decisione?

"Hanno capito subito la nostra scelta. Una scelta non facile perché il nostro compito, specialmente con il centro diurno, è proprio quello di supportare le famiglie facendo uscire di casa per sei, sette ore al giorno i ragazzi. Il rischio costituito dal coronavirus, però, era troppo elevato: noi siamo un centro molto aperto, che avvia alla vita i ragazzi attraverso gite e viaggi, attività che comportano dei contatti.

Riuscite comunque a mantenere un canale aperto con le famiglie dei ragazzi?

"Sì, non abbiamo lasciato solo nessuno: tutti i giorni il nostro personale contatta le famiglie, anche per capire se qualcuno si trova in estrema difficoltà. E poi ci sono anche altri mezzi per sentirci più vicini: in tanti mandano video e foto che poi facciamo vedere in tv"

C'è anche una residenza dove gli ospiti stanno 24 ore al giorno. Lì come è stato affrontato il rischio di contagio?

"Abbiamo rigorosamente proibito le visite dall'esterno e il personale è controllato, protetto e sicuro. Se qualcuno vuole donare qualcosa, fosse anche un dolce, lo lascia fuori dalla porta. Per il resto gli ospiti hanno a disposizione degli spazi esterni e sicuri in cui muoversi".

A conti fatti, è possibile imparare qualcosa da questa emergenza piombata così all'improvviso? Si può non essere del tutto colti di sorpresa?

"Fa parte del lavoro in strutture come la nostra cercare di prevenire il più possibile i rischi come quello, molto pericoloso, di questo virus. E' una scelta sia di chi dirige che di chi lavora. Per fortuna siamo riusciti a intuirlo agli albori!"

Dario Pagli
© Riproduzione riservata


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