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Addormentato per poter essere curato

Così all'ospedale San Jacopo i sanitari sono riusciti a somministrare le terapie a un giovane con disturbi dello spettro autistico

Si stava facendo male, ma addormentandolo i sanitari sono riusciti a somministrare a un giovane con disturbi dello spettro autistico le terapie indicate per evitare i comportamenti autolesivi. E adesso la famiglia del ragazzo manifesta tutta la sua gratitudine ai sanitari dell'ospedale San Jacopo di Pistoia che ha compiuto un piccolo miracolo di accoglienza, scienza e cura: "Vi ringraziamo infinitamente, non abbiamo mai riscontrato tanta professionalità e vicinanza umana in tanti lunghi anni di vari avvicendamenti nelle strutture”, hanno detto lasciando la struttura e il reparto psichiatrico di diagnosi e cura dove era ricoverato il loro figliolo. Lì il team multidisciplinare ha deciso di addormentare i giovane così da potergli somministrare le terapie senza alcun disturbo per lui e con maggior serenità anche per la famiglia.

“Desideriamo rendere noto il percorso clinico assistenziale che è stato predisposto per nostro figlio anche in occasione della Giornata della Consapevolezza dell’Autismo, e vogliamo far sapere che l’ospedale di Pistoia si è dimostrato una struttura adeguata a trattare questo disturbo”, affermano i familiari. Nel dettaglio, il percorso assistenziale lo riferisce la dottoressa Claudia Bolognese, responsabile del reparto psichiatrico: “Il paziente, affetto da disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico con ritardo globale nell'area cognitiva associato a malattia metabolica rara, era arrivato nel nostro pronto soccorso presentando un grave quadro di agitazione psicomotoria con comportamenti autolesionistici ed insonnia totale. Nonostante l’età, si è deciso di ricoveralo nel reparto pediatrico diretto dal dottor Rino Agostiniani, anche per assicurare la presenza costante di un genitore". 

"La presenza della malattia metabolica controindicava l'utilizzo di più psicofarmaci, e nei successivi giorni il giovane ha sviluppato febbre, alterazione degli esami e della funzione cardiaca con rischio di insufficienza renale”. Viene dunque realizzato un apposito team multidisciplinare che coinvolge, oltre agli psichiatri e al pediatra, anche la medicina interna e l’équipe di anestesia e rianimazione diretta dal dottor Leandro Barontini.

Insieme, gli specialisti hanno predisposto un percorso assistenziale personalizzato, con l’obiettivo di ridurre le sofferenze del ragazzo e restituirlo al suo ambiente familiare nel più breve tempo possibile. Insieme alla patologia, insomma, è stata presa in carico la persona. Il ragazzo è stato trasferito in rianimazione in condizione di sedazione anestesiologica e sotto monitoraggio intensivo, così da poter verificare costantemente i parametri e degli indici di funzionalità multiorgano: aspetti fondamentali per poter instaurare terapia psicofarmacologica.

Anestesisti, psichiatri insieme agli infermieri decidono per la presenza di un familiare in terapia intensiva per il risveglio del giovane. "Quel momento - ricorda Bolognese - è per noi sanitari indimenticabile: abbiamo provato una grande commozione nel vedere quel padre che sussurrava il nome del figlio per risvegliarlo". Una volta normalizzati gli esami e stabilizzate le condizioni cliniche il giovane è stato trasferito in reparto, poi una volta stabilizzato è tornato a casa, con una remissione delle condotte autolesive. La terapia impostata durante la degenza in rianimazione prosegue, così come le visite di monitoraggio con lo psichiatra di riferimento.