Nel territorio di Lucca, Pistoia e Prato c'è il 78% delle imprese ferme, e per ogni settimana di chiusura si stima una perdita di 88 milioni di valore aggiunto. Sono imprese con una forte connotazione manifatturiera dal tessile all'abbagliamento passando la nautica e il lapideo, secondo Confindustria Toscana Nord tutte aree come Versilia e Pistoiese fortemente penalizzate dalla chiusura imposta dal governo per il contenimento del coronavirus. E adesso gli industriali sollecitano le riaperture con strumenti di tutela e il rilancio del sistema produttivo.
Liquidità effettivamente e rapidamente fruibile, fiscalità che tenga realmente conto delle condizioni delle imprese, differimento dell'entrata in vigore della nuova disciplina della crisi d'impresa, tutela delle filiere, ammortizzatori sociali: questi i principali capitoli in cui si articola il documento stilato da Confindustria Toscana Nord e trasmesso al mondo della politica e delle istituzioni in vista della fase 2 della pandemia in Italia.
Nel complesso delle province di 
Lucca, Pistoia e Prato lavora il 22% del totale delle imprese 
manifatturiere, corrispondente al 29% degli addetti. A livello 
provinciale, a Lucca rientra nei codici Ateco autorizzati all'apertura 
il 37% del manifatturiero, corrispondente al 54% degli addetti; a 
Pistoia il 26% del manifatturiero con il 29% degli addetti; a Prato il 
13% del manifatturiero con il 12% degli addetti (ancora inferiori i dati
 del distretto tessile pratese, che include anche comuni limitrofi del 
fiorentino e del pistoiese e che vede operative il 10% delle imprese con
 il 12% degli addetti).
Sul piano fiscale Confindustria Toscana Nord chiede
 misure speciali per le aziende che hanno dovuto chiudere e anche per 
quelle attive in difficoltà, attestata da cali di fatturato pari almeno 
al 20%  nel mese  di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del precedente
 periodo d’imposta o nei mesi successivi rispetto ai corrispondenti mesi
 del precedente periodo d’imposta. La richiesta è di sospensione dei 
versamenti e adempimenti tributari, inclusi quelli locali, e dei 
contributi previdenziali e assistenziali fino a due mesi dopo la 
dichiarazione di “fine emergenza”. La diversa previsione nel testo del 
decreto liquidità in questo senso, pare ancora inadeguata. Necessari 
anche interventi di ristoro e compensazione fiscale e garanzie statali a
 supporto dell'assicurazione dei crediti commerciali; da cancellare 
anche la plastic tax.