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Novantenne trovata morta, svolta dall'autopsia

La badante resta in carcere, ma non è stata lei a uccidere l'anziana che assisteva con il marito nell'abitazione di Pracchia

Il reato di maltrattamenti resta in piedi e per questo è stato convalidato il fermo con la custodia cautelare in carcere nei confronti della badante 61enne. La misura decisa dal giudice per le indagini preliminari, però, non è più aggravata dal fatto che siano stati proprio i maltrattamenti a provocare la morte dell'anziana. 

Dall'autopsia è emerso che la 90enne, che viveva a Pracchia, soffriva di patologie che ne avrebbero causato la morte naturale. Nessun collegamento, quindi con i presunti maltrattamenti.

Secondo quanto si spiega in una nota della stessa procura gli esami autoptici hanno evidenziato una "grave aterosclerosi multidistrettuale con infarto intestinale ischemico", patologie che "appaiono coerenti con la sintomatologia presentata" dall'anziana "prima del decesso, cioè vomito e diarrea" e che "sarebbero, a parere del consulente tecnico, la causa della morte naturale".

Sono ancora in corso, prosegue la nota, "gli accertamenti sui liquidi biologici" per verificare l'eventuale abuso nella somministrazione dei farmaci che sono stati sequestrati dai carabinieri nell'abitazione in cui la signora viveva con il marito, anche lui assistito dalla 61enne.

Le indagini nei confronti della badante sono partite alcuni giorni prima della morte della novantenne: una coppia di villeggianti, che per un breve periodo aveva abitato in un appartamento vicino a quello della coppia di anziani coniugi, avevano detto di aver udito in più occasioni grida e, in qualche caso, di aver visto gesti compiuti dalla badante che potevano configurare il reato di maltrattamenti.

Il fermo era poi scattato anche sulla base di un'intercettazione ambientale nell'abitazione della novantenne e del marito.