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Attualità martedì 24 marzo 2020 ore 09:10

Chiude il 90 per cento delle imprese nel tessile

Allarme degli industriali dopo il nuovo decreto anti-Covid. A Prato aperto il 10 per cento delle imprese. Appena meglio Lucca e Pistoia



LUCCA — Primi calcoli per capire con certezza chi resta aperto e chi chiude dopo il decreto con cui domenica scorsa il governo ha imposto una nuova stretta per contenere il contagio da coronavirus con la sospensione delle attività produttive e professionali su tutto il territorio nazionale a eccezione di quelle essenziali. Una misura che, fin dall'annuncio in diretta televisiva nella serata di sabato, aveva destato la preoccupazione degli industriali che anche in Toscana avevano chiesto chiarimenti sulla sua applicazione. 

I primi conti di Confindustria Toscana Nord sugli effetti del decreto nelle aree produttive di Prato, Lucca e Pistoia, dove si concentra un'importante quota del sistema produttivo regionale, mostrano che solo per il manifatturiero le imprese classificate come essenziali e che quindi sono autorizzate a rimanere aperte nel complesso delle tre province saranno il 24% del totale, corrispondente al 31% degli addetti. C'è, tuttavia, la possibilità che resti aperta una percentuale leggermente più alta di imprese, spiega sempre Confindustria, perché nel decreto è previsto che siano comunicate al prefetto le imprese che, pur non essendo classificate come essenziali, rientrino nelle filiere a servizio di quelle essenziali e che pertanto possano rimanere aperte. 

In termini percentuali, sulla base dei codici Ateco (la classificazione ufficiale delle imprese in base alle loro specializzazioni produttive), a soffrire di più è il tessile. A Prato risulta autorizzato all'apertura il il 14 per centodel manifatturiero (13 per cento degli addetti; ancora inferiori i dati del distretto tessile, che include anche comuni limitrofi del fiorentino e del pistoiese e che segna il 10 per cento delle imprese e il 12 per cento degli addetti).

Leggermente migliore la situazione a Lucca e Pistoia, spiega il presidente di Confindustria Toscana Nord Giulio Grossi, "grazie al fatto che alimentare, carta, meccanica per la carta, farmaceutica e plastica rientrano fra le imprese essenziali". A Lucca rientra nei codici Ateco autorizzati all'apertura il 40 per cento del manifatturiero (56 per cento degli addetti); a Pistoia il 29 per centodel manifatturiero (32 per cento degli addetti). 

"Se pensassimo che lavorare nei nostri stabilimenti possa mettere a repentaglio la salute di qualcuno saremmo i primi a voler chiudere - ha detto Grossi in una nota a commento delle previsioni del Centro Studi di Confindustria Toscana Nord - Ma non lo pensavamo prima del decreto e non lo pensiamo adesso che il decreto c'è, recepisce fortunatamente molte delle osservazioni che avevamo formulato in attesa della sua stesura definitiva ma comunque impone la chiusura a una quota molto consistente delle nostre imprese. Da cittadini responsabili ci adeguiamo alla legge ma rimane una fortissima preoccupazione per il futuro". 


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